In ogni caso, ciascuna forma “definitiva” consisteva in un sarcofago in gesso, formato da due gusci (l’uno corrispondente al retro della scultura ed uno al fronte) con un coperchio corrispondente normalmente alla base dell’oggetto da ottenere.

All’interno c’era un numero variabile di “tasselli” rimuovibili, i quali, durante la lavorazione dei multipli, avrebbero permesso di “sformare” gradualmente l’oggetto senza guastarne le parti che ancora presentassero dei lievi “sottosquadra”.

Nonostante l’attenzione che veniva posta nell’individuare soluzioni che limitassero il numero dei tasselli, nei casi più difficili questi potevano essere anche una decina.

 

 

Per la realizzazione di queste forme si procedeva ad armare ciascun pezzo in cui era stato sezionato il modello in gesso, ad insaponarlo abbondantemente con sapone di Marsiglia, a segmentarlo con lamierini secondo le linee di “squadra” al fine di ottenere una corretta serie di “tasselli” [1], a colare il gesso liquido in fasi successive (attendendo di volta in volta il consolidamento di ciascun tassello e dei gusci esterni), a rifinire il tutto creando i perni di fissaggio dei tasselli, numerandoli ecc.

 

[1] Era importante evitare che il bordo di un tassello coincidesse con le parti più delicate dell’oggetto (ad esempio, gli occhi di una damina) in quanto la sbavatura che si sarebbe creata in corrispondenza della giunzione avrebbe rappresentato un maggior lavoro in fase di ritocco

 

 

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