La difficoltà nella preparazione delle forme era acuita dal fatto che il gesso, una volta lavorato con acqua, genera calore ed aumenta di dimensione per circa il 2-3 per mille e di questo occorreva tenere conto nel progredire della realizzazione dei vari tasselli, che necessariamente avveniva in momenti successivi.

Infine, nella base della forma veniva praticato un foro, che sarebbe stato utilizzato per colarvi il caolino liquido durante la lavorazione del multiplo, ed un ampio incavo la cui utilità vedremo più sotto.

 

Il tempo da dedicare alla costruzione di una forma poteva variare da alcuni giorni per i casi più semplici ad alcune settimane per i modelli più complessi, suddivisi in più forme; fra l’altro, solo per ottenere una presa completa da un buon gesso per stampi, occorreva attendere circa 30 minuti per ciascun componente (e questi talvolta erano più di dieci).

Poiché ciascuna forma si sarebbe logorata dopo aver prodotto alcune decine di esemplari, era necessario, in funzione del successo commerciale che incontrava il prodotto, provvedere successivamente a realizzarne altre; ovviamente la preparazione delle versioni successive procedeva più speditamente, in quanto si poteva operare per copiatura della forma iniziale.

Le forme così ottenute venivano conservate su scaffali robusti[1], in attesa di essere di volta in volta prelevate ed utilizzate per lanciare in produzione i multipli relativi. Il locale era necessariamente ampio poiché i modelli erano centinaia.

Anche la qualità del gesso impiegato per la costruzione delle forme aveva la sua importanza in quanto da essa dipendevano la durata della forma stessa, la fedeltà della riproduzione grazie alla conservazione dei particolari e dei rilievi, la facilità con la quale poteva essere staccato il pezzo nel momento della sformatura (vedi sotto).

 

La formatura dell’oggetto

La preparazione della barbottina

Il caolino, che all’acquisto si presentava come un’argilla umida ma consistente di colore grigio chiaro, veniva posto in una vasca dove, diluito opportunamente con acqua ed alcuni additivi chimici (nella misura del 2-4 per mille), veniva rimescolato meccanicamente sino a trasformarsi in un impasto fluido.

L’aggiunta di questi additivi conferiva a questa fase della lavorazione una certa atmosfera di criticità in quanto il loro corretto dosaggio era fondamentale non solo per ottenere un liquido sufficientemente fluido ma anche per limitare il consumo della forma in gesso e, come vedremo successivamente, per ridurre i rischi di inconvenienti tecnici durante la cottura in forno; pur trattandosi di semplici carbonati e silicati di sodio, l’artista li sapeva dosare di volta in volta, quasi istintivamente.

 



[1] Alcune forme, per oggetti di grandi dimensioni, potevano pesare anche 100 chilogrammi che fortunatamente erano suddivisi nelle varie parti del sarcofago e nei tasselli, altrimenti la loro movimentazione avrebbe presentato serie difficoltà

 

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